Se un fiume esonda e allaga un territorio, provocando lutti, danni e disperazione, non bisogna prendersela con la Natura o con il Padreterno : i torrenti, i ruscelli e i fiumi hanno la funzione insostituibile di assicurare il trasferimento dell’acqua da una zona a un’altra, spesso a centinaia di chilometri di distanza e nel loro cammino seguono le leggi della fisica e quelle della natura. Se l’uomo le studia, le comprende, le rispetta può prevedere e prevenire i disastri, se non lo fa, finisce prima o poi per pagarne le conseguenze.
In Italia buona parte delle precipitazioni annue si concentra in autunno e in inverno e a volte le piogge sono più intense del solito e, con il concorso di altri fattori ambientali, provocano i disastri di cui tutti noi siamo stati angosciati spettatori e a volte sbigottite vittime negli ultimi anni.
Torrenti in piena che spazzano i centri abitati, campagne e cittadine che finiscono sotto strati di fango, negozi e appartamenti al piano terra pieni di acqua limacciosa che porta via vite innocenti e distrugge tutto quanto una famiglia o un’azienda può avere di importante e di caro.
La Liguria, la Valle Padana, la Maremma, l’Umbria, Genova, il Veneto, Salerno, Messina, Massa. L’elenco purtroppo è assai lungo e ci obbliga a riflettere sulla situazione di evidente precarietà che contraddistingue il nostro territorio e che ha radici in parte naturali in parte frutto dell’attività dell’uomo.
Che l’acqua sia uno dei più importanti fattori di trasformazione e modellamento del territorio lo sanno anche i bambini della scuola elementare : alcune pianure non a caso sono chiamate alluvionali proprio perchè sono formate dai sedimenti accumulati in migliaia di anni dai fiumi ingrossati dalla pioggia.
La Val Padana esiste grazie alla pioggia e alle alluvioni, altrettanto la valle del Tevere e le altre zone fertili e urbanizzate del nostro territorio per buona parte montuoso e poco produttivo. Proprio dove le alluvioni hanno colmato le depressioni con limi e sabbie sono sorte le grandi città, i grandi stabilimenti industriali e le forme più moderne e redditizie di agricoltura.
Grazie alla pioggia e alle alluvioni. E qui ci fermiamo, perchè saggezza avrebbe voluto che l’uomo avesse mantenuto una distanza di sicurezza dall’alveo dei fiumi e dei torrenti e avesse messo la sua vita e i suoi beni al riparo dalle alluvioni che si sarebbero inevitabilmente verificate a intervalli irregolari e imprevedibili. Ma la fame del territorio e l’arrogante disprezzo per la forza della natura hanno portato gli uomini a costruire in situazioni incredibili nella assurda presunzione che non si sarebbe mai ripetuto quanto padri e nonni avevano raccontato.
Costruire sulle pendici di un vulcano, nell’alveo di una fiumara, prigioniera ma non piegata, sotto il costone di una montagna richiede una buona dose di incoscienza.
Se la pioggia provoca disastri non è colpa del Padreterno, ma di chi ha ignorato le più elementari regole di prudenza e, invece di piantare alberi e mantenere gli argini, ha lasciato che la roccia e la terra restassero esposte, come pelle nuda, alla violenza della pioggia.
Fiumi, torrenti e ruscelli sono l’azzurro reticolo della vita, non bisogna considerarli condotte forzate nelle quali l’acqua deve transitare il più rapidamente possibile: si rischia di fare danni e soprattutto di perdere lo straordinario valore di questi sistemi per la conservazione della biodiversità, per il mantenimento degli equilibri ecologici, per la fornitura di servizi, i cosiddetti servizi ecosistemici, oggi così di moda. (Francesco Petretti)