Un altro orso abbattuto nel parco d’Abruzzo , a quanto sembra non una uccisione casuale, ma pianificata, un atto che oltre tutto lascia anche stupiti. Chi può volere con tanto accanimento la morte di animali che in fondo sono ben accetti, non solo tollerati, ma anche amati da chi subisce da parte loro occasionali danni?
L’Abruzzo è una terra a me assai cara non solo per la bellezza dei paesaggi e per la gentilezza e la sobrietà dei suoi abitanti, ma anche per la ricchezza della natura che oggi, più che mai, rappresenta una risorsa in grado di far decollare di nuovo una promettente industria turistica , purtroppo pesantemente penalizzata dall’evento sismico.
Di importanza capitale per il rilancio del turismo sono i parchi nazionali e i loro animali simbolo, a cominciare dagli ultimi orsi bruni.
Sono animali timidi e riservati, di un quintale e più di peso, che si aggirano da tempo immemorabile nelle montagne della Marsica.
Ben diversamente dagli esuberanti orsi grizzly pescatori di salmoni che ci mostrano i documentari televisivi , gli orsi bruni d’Abruzzo si muovono soprattutto di notte e al riparo della vegetazione, ma alcuni di loro, persa la tradizionale diffidenza, sono diventati orsi casalinghi, interessati all’uomo e ai suoi prodotti più genuini come il miele, il formaggio, le galline. Per questo rischiano la pelle.
Nell’autunno del 2007, a pochi chilometri da Pescasseroli, , sono stati trovati i corpi di tre orsi: un maschio e una femmina adulti e un giovane. C’erano anche le carcasse di due lupi e di alcuni cinghiali, ma queste erano vittime di secondo piano rispetto agli orsi. Era infatti ben chiara a tutti l’enormità della perdita subita dalla popolazione di plantigradi dell’Appennino centrale.
Nella migliore delle ipotesi se ne era andato, in un colpo solo, quasi il dieci per cento del totale che conta non più di 50-60 esemplari..
Fatto ancora più grave,era stata eliminata una femmina matura in piena attività riproduttiva.
Gli animali avevano mangiato la carcassa di una pecora, avvelenata, pare, con una sostanza antiparassitaria di quelle impiegate in agricoltura.
Chi sia stato e perchè lo abbia fatto ancora non si è capito.
Poi uno stillicidio di morti: accidentali o volute.
Il danno è grave, perchè sono uccisi non solo gli animali più amati d’Italia, ma anche i più preziosi.
Se un elefante di un parco del Kenya pare che valga cinquantamila euro perchè questa è la cifra spesa dai turisti per andare nei parchi di quella nazione per vedere appunto elefanti e leoni , un orso bruno d’Abruzzo forse vale un milione di euro.
In quest’angolo dell’Appennino sono infatti decine gli esercizi commerciali – ristoranti, bar , alberghi, botteghe artigiane, affittacamere, cooperative di guide alpine, noleggiatori di biciclette e cavalli – che campano sui cinquanta orsi del parco nazionale .
Secondo le stime più recenti, basate sull’identificazione del DNA dei singoli individui che vagano nelle montagne, sopravvivono meno di cinquanta orsi bruni in un’area estesa circa centocinquamila ettari che comprende il parco nazionale d’Abruzzo, ma anche i limitrofi territori della Maiella, dei Simbruini, del Velino- Sirente e le zone non protette che circondano la Marsica e le Mainarde.
Di questi orsi si interessano oggi in molti : il personale del parco nazionale d’Abruzzo , Lazio e Molise e delle vicine aree protette, il Corpo Forestale dello Stato, il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, l’equipe dell’università La Sapienza di Roma che ne studia la vita e poi tantissime altre persone che hanno dato vita a movimenti d’opinione per la difesa dei loro beniamini, come gli amici dell’Orso Bernardo, un grosso maschio “un po’ burlone e bugiardo”, abituato a rubare le galline nei pollai.
Questi orsi vanno salvati, non solo perchè sono animali magnifici, ma anche perchè rappresentano una risorsa per la terra d’Abruzzo.
Adesso hanno bisogno del nostro aiuto e tutti devono fare il loro dovere : guardaparco e assessori, ministri e biologi, albergatori e investigatori.
Francesco Petretti