E’ arrivato il gruccione, direttamente dall’Africa dove ha trascorso l’inverno. Sembra un rondone, ma ha la taglia di un merlo. Accompagna i suoi volteggi e le sue picchiate con un garrulo richiamo che suona “cru cru prok”.
Appena afferra una preda, un coleottero, una farfalla, una libellula oppure una locusta e perfino un calabrone, si posa su un rametto e la sbatte per bene sul qualcosa di duro, tanto per evitare fastidi. Poi la manda giù tutta intera. Del pasto resta solo un ammasso di frammenti indigeribili (zampette, antenne, gusci ed elitre) che rigurgita dopo poche ore.
Del gruccione si potrebbe dire molto: che elimina velenose vespe e calabroni come se fossero innocue mosche e soprattutto che è l’uccello più colorato d’Italia. Cosi’ lo descrive Alberto Bacchi della Lega, cacciatore ornitologo del 1800:
“ Il glauco del mare, il verde della malachite, il giallo dell’oro, il candido della neve, il fulvo del leone si avvicendano sulla sua divisa”.
Il gruccione nidifica in gruppi negli argini terrosi nei fiumi, nei dossi nudi e sabbiosi dove con il becco e con le zampette può procedere allo scavo del nido che consiste in una galleria lunga anche due metri conclusa da una camera più larga dove sono deposte le uova.